L’INTERVISTA DEL TRE di Anna Baldini

 

Per lo studio Na3 risponde Nicola Auciello  

 
1) Tre righe per presentarvi

N.A. : na3 è stato fondato nel 2003 dal sottoscritto e unisce all’attività di progettazione pubblica e privata, la partecipazione a numerosi concorsi. Il campo della ricerca progettuale ci ha sempre stimolato a pensare nuovi quesiti per progettare poi nuove soluzioni. I riferimenti all’arte contemporanea, alla poesia, alla letteratura, alla scultura sono sempre evidenti nei nostri progetti.

 
2) Tre motivi per lavorare in Italia

N.A. : difficili da trovare, ma in fondo se siamo qui un motivo ci sarà!?

Sicuramente il senso di appartenenza alla propria terra (1) e la sfida di realizzare qualcosa su di essa (2). Il terzo? Beh, credo la tradizione. Siamo ricchi di arte, scultura, architettura, letteratura. Siamo assolutamente convinti che il “poi” sia sempre la conseguenza del “prima”, per cui cerchiamo di capire quotidianamente, senza alcuna pretesa, “dove siamo” e “chi siamo”: riflessione importante prima di qualsiasi progetto.

 
3) Tre motivi per non lavorare in Italia

N.A. : se non Le dispiace, potrei condensare tutto in tre parole che formerebbero una frase compiuta: “sistema poco accessibile”. Può bastare?

 

4) Sono famosi e li preferisco: fatemi tre nomi di architetti che…

N.A. : 1.Mansilla & Tunon, 2. Herzog & Meuron, 3.Edoardo Souto De Moura (il posizionamento dei nomi è intercambiabile!). Mansilla & Tunon sicuramente per la “ricerca”e la “freschezza” dei progetti. Herzog & Meuron per la “poesia” del progetto. Edoardo Souto de Moura per “il rigore” e la “mediterraneità” applicato al progetto. Cinque elementi che fanno parte del nostro modo di operare.

 
5) Saranno famosi: tre giovani architetti che…

N.A. : a differenza della precedente domanda, qui scelgo tre giovani italiani:

1.Massimiliano Rendina, 2.Beniamino Servino, 3.Maria Giuseppina Grasso Cannizzo.

Non sono affatto sconosciuti in questo momento, è una generazione di quarant’enni molto vicina alla nostra filosofia progettuale, …credo (e glielo auguro!) faranno molta strada nei prossimi anni.

 
6) Tre motivi per promuovere il vostro lavoro

N.A. : il nostro lavoro è basato in maniera quasi certosina sulla “ricerca”, intesa non solo come ricerca architettonica, ma anche estesa alle arti applicate. Al momento siamo fieri di ciò che facciamo e speriamo  con il tempo di raggiungere i nostri obiettivi perché come diceva Giò Ponti: “ad un certo momento dunque non è più l’Architetto che fa l’Architettura, ma è l’Architettura che fa l’Architetto, se esso si mette in grado di intenderla: ed allora i risultati sono i migliori perché sono pertinenti”.

 

7) Com’è la condizione dell’architettura italiana oggi?

N.A. : molto difficile per un giovane studio. Si investe, quando accade, molto sulle “Archistar”, poco sulle “Menti fresche”, com’è accaduto, con grande positività, in Spagna negli anni ’90 (e continua ad accadere). Purtroppo in Italia lo stato di difficoltà in cui versa l’architettura e la condizione di subalternità in cui si trova la professione non sono altro che il riflesso della pigrizia intellettuale, della scarsa propensione all’innovazione e alla sfida imprenditoriale nonchè della modesta fiducia posta nella creatività delle nuove generazioni.

 
8) E quella dell’architettura straniera?

N.A. : decisamente migliore. C’è una prospettiva più ampia.

 
9) In quale nazione vi piacerebbe lavorare?

N.A. : in Spagna, in Austria o in Olanda. Paesi che hanno investito molto, in questi anni, sul “nuovo” e sulla qualità urbana del progetto, partendo inizialmente dalla grande scala per raggiungere poi quella di “dettaglio”.

 

10) I concorsi di architettura…, cosa ne pensate? li fate?

N.A. : si, siamo uno studio “giovane”(abbiamo solo sei anni di libera professione alle spalle ad oggi e la strada è ancora molto lunga),vogliamo ancora credere nei concorsi: ci permettono di sperimentare idee e situazioni e soprattutto di fare ricerca e di confrontarci.

 

11) Il nome di un edificio famoso che vi piace e uno che non vi piace   affatto

N.A. : è in fondo molto difficile condensare ciò che piace e ciò che non piace in un solo edificio. Posso comunque elencare quali sono le qualità che apprezzo e quelle che assolutamente rinnego in un edificio:

“apprezzo” le belle architetture, intendendo per belle quelle “chanenet” , come le definiva Le Corbusier, ossia schiette, limpide e pure come fanciulle!

Quelle architetture che in pratica rimarrano“sempre giovani” e che quando sono “d’annata”, come un buon vino, acquisiscono plusvalore.

Al contrario “rinnego” le architetture “grevi, obese, vanitose, goffe e grigie; le cosiddette architetture sempre vecchie”, seppur nuove!

In base a questo concetto sicuramente ho uno sguardo positivo per molti progetti di edilizia residenziale di Adalberto Libera, forse i più minuti, in senso di volumetria costruita, tra cui Villa Malaparte a Capri e i tre villini (A,B,C), sul lungomare Caio Duilio, ad Ostia.

Sono rimasto invece di recente negativamente stupefatto dalla pesantezza e soprattutto dalla“non integrazione” con il contesto urbano, dell’ultimo edificio progettato da Oma + Rem Koolhas: la Casa della Musica in Oporto e dal recentissimo Monumento alle vittime dell'olocausto di Eisenman a Berlino.

 

12) L’opera di architettura che vorreste aver progettato voi

N.A. : se è possibile citare un progetto “in fieri”, sono praticamente “innamorato” della CIUDAD DEL FLAMENCO progettata da Herzog & Meuron a Jerez de la Frontiera in Spagna. Un manufatto che si misura con il luogo, con le sue risorse (la pietra naturale del posto). Un sapiente gioco di sottrazione materica e di delicato lavoro sulla pietra naturale. Un gioco di luci e di ombre, di pieni e di vuoti, un gioco fatto di citazioni poetiche ma soprattutto di eleganza.